Rosy Mantovani



  • Quadro Rosy Mantovani
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BIOGRAFIA

Rosy Mantovani nasce nel 1968 a Vigevano (PV), attualmente vive e opera a Gambolò (PV)
Conseguito il diploma di grafica pubblicitaria presso l'Accademia Arti Applicate di Milano, inizia un percorso di formazione quale illustratrice per una prestigiosa agenzia milanese.
Nel 2000 si iscrive al corso di pittura tenuto presso la Fondazione Roncalli di Vigevano sotto la guida dei pittori Oronzo Mastro e Davide Avogadro, inizia così la sua maturazione tecnica ed artistica con i primi eventi espositivi. Dal 2012 numerose le mostre personali e collettive oltre la partecipazione a concorsi d’arte ove riscuote Premi e riconoscimenti.
Le sue opere sono presenti in collezioni private nazionali ed estere.
Recentemente la sua arte ha trovato collaborazioni anche nel mondo dell’editoria e della moda.

 

 



immagine Profilo De Leo

PREMI

2020
I Premio Giuria Mostra Internazionale Artes IV edizione
- Torino
I° Premio Critica e II° Premio Artisti
al 41° concorso d’arte online Ad-Art - Artists in the World

2018
III classificato
sez. pittura al Premio città metropolitana di Reggio Calabria Premio Assoluto Figurativo concorso internazionale
Premio LIGURES città di Lerici
- Castello San Giorgio

2017  
I° Premio
sez. Figurativo Il piacere dell'Arte – Civitavecchia  
Finalista Biancoscuro Art Contest 2017
vinto partecipazione ad ART Parma Fair 2017
I° classificato Premio internazionale d'arte Lo Sguardo - MAG – Padova

2016
I°Premio CostieraArte Città di Maiori
- Palazzo Mezzacapo  
I° Premio
ex-aequo sezione Figurativo e Premio Speciale "concorso Internazionale I DAUNI"

2015  
I° Premio
al Festival d’arte Isola che c'è- Villa Castelnuovo - Palermo 

PRINCIPALI RECENTI ESPOSIZIONI

2020
partecipazione evento internazionale “The future’s shape – Women can save the world” organizzato da AIAPI presso Fondazione Opera Campana dei Caduti – Rovereto
partecipazione come vincitore Premio Artists in the World a collettiva internazionale presso Art Gallery Rome - Roma

2019
partecipazione Menotti Art Festival - Spoleto art in the City - presso Casa Frau con Costieraarte
partecipazione a HUMAN RIGHTS #CLIMApresso Fondazione Opera Campana dei Caduti - Rovereto (TN)
partecipazione Festival internazionaleSURVIVAL IV edizione presso CAM Museum - Casoria (NA)
bi-personale "Women in comparison" con artista M. Gallo - Galleria Proposte Lab a Cava dei Tirreni (SA)
collettiva 6 artisti presso Galleria Via dei Consoli - Gubbio

2018
bi-personale RESILIENZEcon lo scultore Maurizio Marioli - Border Line Gallery – Voghera
performance live "Arte Milano THE FACTORY" presso Fabbrica del vapore - Milano
personale OLTRE LA SOLITUDINE presso Palazzo Tagliaferro - Andora (SV)
tri-personale DIETRO IL SILENZIO con gli artisti M. Marioli e G. Viganò - ex Chiesa S. Cassiano - Mortara (PV)

2017
 partecipazione XXIII edizione ARTE GENOVA 2017
 partecipazione VII edizione AFFORDABLE ART FAIR - Milano  
 partecipazione MAM ARTE E ANTIQUARIATO - Milano
 collettiva Arte Paris - Espace Christine Peugeot – Parigi

2016
 collettiva Flu Games 2 Berlin - Malzfabrik – Berlino
 collettiva Imago Misericordiae - Palazzo Ferrajoli - Roma in occasione del Giubileo delle Università
 SUMMER ART 2016 a cura di Fondazione Mazzoleni presso Forte Village Resort  - Sardegna
 personale RESILIENZE- Villa Bernocchi – Premeno


RECENSIONI


Testo critico a cura di Stefania Maggiulli Alfieri

L’evoluzione contenutistica e l’espressione di un artista seguono, talvolta,  i percorsi più imprevisti, inimmaginabili e improvvisi, pur costituendo e mantenendo saldo il legame con i principi fondamentali che caratterizzano l’insieme della produzione.
Nella serie “le Bambine” Mantovani delinea un percorso facendo leva sul profondo, scava tra le angosce personali e interpreta una visione del mondo senza sconti, senza veli e inutili orpelli.
Sono, queste, opere che imprimono impronte profonde nella coscienza di chi vi si trova davanti, l’occhio cerca particolari che possano lenire la sensazione di disequilibrio momentaneo che si crea nella coscienza, si intuisce subito che quelle “creature” non sono semplici ritratti, ma hanno funzione di specchio, di rimando emotivo, di atto d’accusa.
L’infanzia è argomento con forte presa emotiva, la si vorrebbe sempre avvolta da serenità e bellezza, sollecita senso di tenerezza e protezione, ma l’artista ne mette a nudo verità scomode, usa l’immagine icona dell’infanzia contestualizzandola in un ambiente crudo, inospitale, in qualche modo claustrofobico. Non sorridono le bambine, lo sguardo è , a tratti, assente, rimarcano nella genuinità il senso di impotenza che può cogliere chiunque, spinge a cercarne le ragioni nelle pieghe dei chiaroscuri, negli ambienti accennati suggerti.
L’operazione artistica risulta altamente efficace, scuote le certezze creando crepe, mette in luce una società senza futuro e sempre più spesso anestetizzata ai problemi comuni, cieca di fronte al dramma, ecco dunque i soggetti assumere valore iconico, non più l’infanzia simbolo ma la società provata dall’anelito di potersi proiettare verso il domani. Sono presenze – assenze che abitano lo spazio pittorico, appaiono di passaggio, hanno la consistenza dei pensieri e la morbidezza della malinconia.
La scelta del monocromatico accentua la dimensione onirica, l’impressione mobile della memoria, una memoria che l’artista vuole collettiva, un invito ad uscire dal torpore e agire.
In queste opere ognuno può ritrovare se stesso e riconoscere le criticità dell’uomo contemporaneo.
Un invito a riflettere sulle infinite possibilità e responsabilità che ognuno ha nei confronti dell’ambiente fisico e sociale nel quale vive, qui rappresentato come infanzia negata.

Testo critico a cura di Norman Zoia

Se nel romanzo di Andrè Malraux è la morte a essere presupposta, neppure tanto velatamente, la condizione umana che Rosy Mantovani fa trasparire dalle sue opere racconta se mai la solitudine, viepiù rimarcata da una moderna comunicazione tuttora ardua malgrado le tecnologie a disposizione. La ferrosa realtà urbana – come sottolinea in una nota critica Emanuela Fortuna – emerge non solo negli scorci fuggenti fra strade desolate, dismessi macchinari e fantasmi di ciminiere; essa viene a ricoprire, quale vago substrato onirico, perfino la sintesi progressiva dei volti magistralmente dipinti e per certi versi sconsacrati dall’artista lombarda. Caligini biancovestite, lise coltri ragnate di bruma industriale, dalle quali lo sguardo però si inerpica addolcito dall’eleganza del segno grafico in tutta la sua forza animale e animistica. Il tutto proteso a risolvere ritratti avvolti, per quanto sia possibile, da una screziata luccicanza di umbratili monocromie. Quasi un duplice ossimoro atto a ulteriormente definire le direzioni concordi o inverse di una precisa espressione visiva.

 

 


Testo critico a cura di Emanuela Fortuna

Un colore che si scioglie in emozione, uno sguardo che esprime un universo interiore, due occhi dalla bellezza infinita che manifestano una coraggiosa risposta allo sconforto, una città che diventa proiezione della condizione esistenziale contemporanea, luoghi abbandonati che sono metafora della desolazione e dell’afflizione… un’artista che empaticamente ascolta e racconta un rumoroso silenzio sociale e che al contempo sa estrarre la bellezza dal cemento e dall’asfalto. Rosy Mantovani dipinge, con grande sensibilità, la condizione umana odierna fatta di molta solitudine e di difficoltà di comunicazione. È una situazione paradossale perché proprio quando il mondo civile si è globalizzato, accorciando ogni distanza fisica e culturale, e si è unito in un’unica rete, attraverso i mass media ed i social networks, qualcosa è stato smarrito o, peggio, è andato perduto: l’essenza dell’umanità e la possibilità di condividere in concreto la propria esistenza. Si vive circondati dal caos del mondo ma si finisce per essere rinchiusi, come in una gabbia, nella prigionia di un IO che non trova modo di vivere come NOI. Il mito del progresso e la nuova religione del lusso e del divertimento lasciano dunque il campo al senso di una desolata e malinconica solitudine, alla depressione di fronte all’impossibilità di una vera comunicazione e condivisione e dunque al disinganno. Un’incomunicabilità che l’artista ritrae nei suoi personaggi: sempre in primo piano, sono gli unici attori in questo spaccato dell’esistenza, sono i soli protagonisti di un racconto emozionale perché non c’è nessuno accanto a loro che ascolti l’urlo della loro anima. Mantovani li ritrae completamente immersi nei loro pensieri, dimenticando ciò che gli accade attorno. Non ne sono partecipi, ne sono esclusi o forse se ne escludono perché impegnati a guardarsi dentro per capirsi. Accovacciate su un binario della stazione, in cammino lungo una via trafficata, girovagando tra le luci e le assordanti macchine del luna park, le sue figure sono sole, con lo sguardo altrove che non vuole incontrare l’attenzione e l’interesse di altri. Mentre tutto attorno è movimento e rumore, i suoi personaggi si muovono con un altro ritmo e con un altro tempo: il loro ritmo e tempo interiori, di un pensiero che scivola lento e profondo. Sono Attimi, sono un percorso continui di ricerca. In questo cammino verso la consapevolezza inizia la riscossa delle loro esistenze. Ne nasce una bellezza interiore e dunque una grazia esteriore, i suoi protagonisti diventano Fiori di strada. In quelle periferie desolate o rumorose, sudice o abbandonate si accende la bellezza degli sguardi di chi non demorde, di chi combatte… e forse vincerà. Non c’è compiacimento per la bellezza di questi volti e di questi corpi. C’è empatia. E infine ecco che si riscopre la bellezza della vita. È la possanza della resilienza. È un viaggio che ognuno di noi compie in se stesso. È il pensiero che domina questo mondo che, nello sforzo di raggiungere una consapevolezza e di ritrovare le forze per resistere, sembra perdere il colore. Una cromia selezionata e parca non ci distrae. Solo la figura è a fuoco, perché si è messa a fuoco. Il contesto si scioglie nell’emozione, si sfalda come uno sfondo perso nelle lacrime. Sono lacrime di colore che scivolano sulla tela come lacrime nascoste che urlano al mondo. Noi le dobbiamo ascoltare come l’artista. L’attenzione dell’artista si sposta infine puntandosi su quegli occhi, sullo sguardo, finestre dell’anima. Scompare lo sfondo, scompare la città, scompare il mondo, fino a che rimangono solo il volto e i pensieri. Sono i Ritratti. La materia sporca della città, della realtà urbana ferrosa è sempre presente, è la cortina da cui emergono con forza. L’impostazione dell’opera si semplifica ma si potenza la forza espressiva.

 



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Email: ossimoro.art@gmail.com